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Facciamo chiarezza: COVID-19, individuazione delle attività sospese e attive

Stop a tutte le attività che non siano considerate “emergenziali” dagli elenchi e dalle ipotesi individuate nel D.P.C.M. 22.03.2020 (e D.M. 25.03.2020) e nel D.P.C.M. 11.03.2020. Non rileva il carattere prevalente o secondario.

Al netto di quanto ha coinvolto dal 23.02 la prima “zona rossa”, nel corso del mese di marzo abbiamo avuto ben 3 shutdown per tutto il territorio nazionale. Lo stop è letteralmente operativo fino al 03.04.2020 (compreso), ma si presume che le misure restrittive dovranno probabilmente proseguire ben oltre detta data.

 

In tal senso, ha messo le mani avanti il D.L. 19/2020 che paventa la possibilità di reiterazione (in tutto o in parte) per periodi “predeterminati ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31.07”.

 

L'ultimo shutdown si è perfezionato entro la giornata del 28.02 per l'effetto delle modifiche del D.M. Sviluppo Economico 25.03.2020 (così il punto 3 dell'articolo 1); si è trattato di modifiche soprattutto espulsive (ossia ulteriori attività sospese) e, in piccola parte, inclusive (attività che possono proseguire). Per tutte le altre vale la sospensione come disposta dal D.P.C.M. 11.03.2020 (ancora valido) e dal D.P.C.M. 22.03.2020.

 

D.P.C.M. 11.03.2020. Sono sospese tutte le attività del commercio al dettaglio e dei pubblici esercizi tranne quelle indicate in allegato 1 (generi alimentari, medicinali, carburante e altri beni di prima necessità) o 2 (lavanderie e pompe funebri) o nell'art. 1 come la ristorazione, purché esclusivamente con consegna a domicilio, le attività bancarie e assicurative.

 

D.P.C.M. 22.03.2020. Sono sospese tutte le altre attività tranne quelle indicate in allegato 1, con codici ATECO, come aggiornato dal D.M. 25.03.2020. Come desumibile da alcune FAQ governative, poco importa se si tratta di codice primario o secondario; le imprese che effettuano attività riconducibili a uno o più codici ATECO non sospesi non possono tuttavia proseguire con tutte le attività normalmente svolte, ma solo con quelle i cui prodotti o servizi sono riconducibili ai codici non sospesi. Inoltre, tralasciando aspetti di violazione amministrativa, non dovrebbe essere tanto l'iscrizione in visura a essere decisiva, quanto un'analisi puntuale di cosa (inteso come prodotto e/o servizio) sia riconducibile al singolo ATECO.

Sulla questione è opportuno un chiarimento (anche perchè l'approccio pare formalistico).

 

Le eccezioni fuori ATECO.

Fuori dai codici “buoni”, l'attività (parziale) può proseguire (sempre nel rispetto delle misure di sicurezza, contrasto e contenimento della diffusione del virus previsto dai vari protocolli) solo nei seguenti casi individuati dall'art. 1 D.P.C.M. 22.03.2020:

  • se funzionale ad assicurare continuità delle filiere della attività di cui all'allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali non sospesi (in tal caso solo previa comunicazione al Prefetto con l'elencazione specifica dei cessionari/committenti beneficiari);
  • impianti a ciclo produttivo continuo dalla cui interruzione potrebbe derivare un pregiudizio grave agli impianti o pericolo di incidenti, previa comunicazione al Prefetto;
  • industria aerospazio e difesa e altre attività di rilevanza strategia nazionale (previa, in questo caso, autorizzazione del Prefetto);
  • se di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché prodotti agricoli e alimentari;
  • se organizzata a distanza (ipotesi, questa, prevista anche per l'e-commerce dal D.P.C.M. 11.03.2020) o con lavoro agile.

 

[Fonte:RatioQuotidiano]

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